L’Astrologia babilonese: la Sapienza dei Magi

11/10/2022by Redazione0
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di Anna Bellon

Fin dalle origini, l’essere umano ha rivolto lo sguardo alle stelle, tanto che a buon diritto l’astrologia può vantare di essere la “scienza” più antica dell’umanità.

Già dal Paleolitico superiore è nota una prima suddivisione della volta celeste in rudimentali costellazioni, anche se è soltanto con la civiltà babilonese che l’osservazione degli astri assume carattere sistematico e si assiste ad una codificazione, in linea con la generale tendenza babilonese all’enciclopedizzazione del sapere.

Nascono così, nel 1700 a.C. circa, le tavolette astrologiche, ossia raccolte di osservazioni astronomiche corredate da commenti esplicativi sui presagi che si potevano trarre da specifiche posizioni degli astri.
Nel 1646 a.C., al tempo di re Ammisaduqa, abbiamo ad esempio testimonianze sull’osservazione di Venere e dei suoi cicli, mentre in una tavoletta di epoca Cassita (1550-1320 a.C.), lo scriba riflette su quanto una stella si trovi “dietro” l’altra (parlando della posizione delle Pleiadi, Orione e Sirio), con ciò dimostrando una visione tridimensionale del cielo.

Le osservazioni degli astri avvenivano minuziosamente, notte dopo notte, e quando il cielo era coperto l’astronomo dell’epoca aveva a propria disposizione uno speciale orologio ad acqua per i suoi computi: con raffinati sistemi di precisione, sappiamo che i calcoli babilonesi sul mese sinodico lunare avevano un margine di errore di appena 30 secondi ogni 5000 lunazioni, e ciò specialmente grazie al sistema di calcolo sessagesimale, che nel matematizzare i moti del cielo produce sempre numeri interi e che molto tempo dopo Fibonacci insisté – invano – affinché lo importassimo in Occidente.

Tavoletta babilonese di Venere
Tavola di Venere di Ammisaduqa (Fonte: Wikipedia)

In origine, comunque, non esisteva alcuna distinzione tra astronomia e astrologia: la scienza degli astri era considerata unitaria ed era appannaggio di una precisa scuola sacerdotale, ritenuta discendente dal leggendario re Enmeduranki – il cui nome significa, letteralmente, “signore che detiene il potere (la conoscenza) del legame cielo-terra” – che si narra abbia appreso i segreti della mantica direttamente dagli dèi Šamaš (dio del Sole) e Adad (dio delle piogge e delle tempeste) e li abbia poi trasmessi nelle città di Nippur, Sippar e Babilonia.

La casta sacerdotale degli astrologi rimase chiusa e inaccessibile per lunghi secoli: per accedervi era necessario un requisito di discendenza purissima da un sacerdote-divinatore e un requisito di perfezione fisica, in assenza dei quali era perfino inibito l’ingresso al tempio. Il motivo di ciò è che, originariamente, l’astrologia aveva dimensione collettiva, perciò gli oracoli venivano riferiti al sovrano affinché potesse provvedere al buon governo del Paese, scegliere i tempi propizi per le campagne militari, venire messo in guardia dal rischio di carestie o rovina dei raccolti. In questo senso, l’astrologo diveniva il consigliere del re, rimpiazzando le mitiche creature semidivine Apkallu – metà uomini e metà pesci – che affiancavano i sovrani di epoca prediluviana.

Altri tipi di mantica – come la lecanomanzia – potevano invece venire utilizzati in campo medico, per trarre presagi sulla natura di un male e comprendere se la terapia bastasse o fosse necessario l’intervento di un esorcista, per quei mali che non avevano origine nel fisico.

Le osservazioni del Cielo: la pratica astrologica

Vediamo ora come funzionava, un po’ più nel dettaglio, la scienza astrologica.

La stessa era suddivisa in un primo momento di osservazione del cielo, secondo l’assioma per cui “un segno cattivo in cielo è cattivo anche in terra”: il barū, ossia l’astronomo, calcolava le posizioni, congiunzioni e opposizioni degli astri – in particolare della Luna e delle Pleiadi –, consultando poi le relative raccolte divinatorie. Se l’oracolo era propizio, il suo lavoro era finito e non rimaneva che riferirne al sovrano. Se, invece, i presagi erano infausti, osservava nuovamente il cielo nel periodo successivo, per vedere se il presagio venisse scongiurato da una nuova posizione delle stelle; se ciò non accadeva, il barū si rivolgeva alla casta dei sacerdoti operativi, gli officianti, ossia il mašmašu (l’esorcista) o l’āšipu (il purificatore): questi, operando appositi rituali, chiamavano in causa le potenze divine tramite scongiuri per ristabilire l’equilibrio e, attraverso l’intervento della forza archetipale, annullare il particolare presagio nefasto.

Astrologia e magia operativa, quindi, erano originariamente due facce della stessa medaglia: laddove la conoscenza astrologica trovava una resistenza, intervenivano gli officianti. Questa interconnessione fra le cariche sacerdotali era possibile alla luce dell’assunto di identità tra cielo e terra: così, se un segno cattivo in cielo è cattivo anche in terra, allo stesso modo un’azione compiuta sulla terra produce un risultato anche in cielo.

Nel corso dei secoli, l’originario assetto templare viene a indebolirsi e, parallelamente, si assiste a una “commercializzazione” della magia, in cui il sapiente, divenuto mago (cioè sia astrologo che officiante) “di professione” e non sempre afferente a un tempio – proprio perché la diffusione delle raccolte magiche portò la sapienza a circolare anche all’esterno della struttura templare –, opera a favore di un individuo pagante, cioè il richiedente il rito.

Questo processo di fuoriuscita della conoscenza dalla rigida struttura templare – cui si assiste anche in Egitto con la caduta dell’Antico Regno – segna il definitivo tramonto di un’epoca in cui, dall’aristocrazia dei templi, la sapienza inizia la sua discesa nel tessuto sociale e la sua migrazione attraverso il mondo, per mezzo di quegli operatori “indipendenti”, di quei saggi erranti, che la storia conosce sotto il nome di Magi.


 

Anna Bellon, (Sole Gemelli, Luna Ariete, asc. Cancro). Socia fondatrice dell’AHKU, ha pubblicato diversi saggi, romanzi e diversi articoli per la rivista Elixir, edita da Rebis. Si dedica allo studio e alla pratica esoterica da circa vent’anni. Ermetista di stampo egizio-caldeo, sviluppa una predilezione per il mondo sumerico e paleobabilonese, dedicandosi alla lettura dei miti alla luce del simbolismo esoterico, nell’appassionata ricerca di una Dottrina delle origini. Gli ultimi tre suoi libri sono stati pubblicati dalla casa editrice Psiche2.
Sito Web: apocalisseinsalotto.wordpress.com
Contatto email (senza spazi): apocalisseinsalotto @ gmail.com

 

Per approfondire
  • “Il sangue degli dei: nozze sacre nella terra dei Sumeri” di Anna Bellon, edizioni Psiche2 (Puoi comprarlo QUI)
  • “La scrittura delle stelle. Astrologia e presagi” di Giovanni Pettinato et al, edizioni Il Cerchio
  • “Il Cielo di Babilonia” di Michael Baigent, edizioni Il Saggiatore

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