Tiqqun ‘olam: riparare l’anima del mondo

03/04/2020by Redazione0

di Clarissa Pinkola Estés

È indubbio che non ci siamo mai trovati di fronte a un mondo in condizioni peggiori o con maggior bisogno di lirismo, misticismo e buon senso. Sembra che ci siano grandi e perpetue sacche dove i valori buoni e nutrienti sono più sbiaditi di quanto dovrebbero essere. Ma quando pensiamo a Platone, a Strabone, agli apostoli Giovanni e Paolo, e a molti altri nel corso dei secoli vediamo che anche loro hanno scritto dei loro tempi descrivendoli come altrettanto privi di “direzione e senso” adeguati. Appare evidente che la “cultura sull’orlo della completa corruzione” e “il mondo sull’orlo della completa distruzione” siano due dei temi più antichi che si trovano nelle storie del genere umano.

Ma ci sono anche quelli che hanno creato e scritto delle redenzioni dell’ultimo minuto e a lungo termine. Sono quelli che elargiscono storie che smuovono, che danno soccorso e nutrimento sufficienti per la traversata. Penso a persone come Abraham Joshua Heschel. Il titolo di uno dei suoi libri è in sé una storia che dice tutto: I asked for a Wonder (Ho chiesto il miracolo). Ha scritto che il culmine della vita porta ad una disposizione sempre più chiara a raggiungere la virtù. Le sue storie, esagesi, filosofia e visioni mistiche ruotano attorno all’idea che la vita debba avere in sé ineguagliabile intensità. Spingeva le persone verso “l’estasi delle opere”, ovvero “ad andare verso se stessi, superarsi” e dunque andare “oltre i propri bisogni e illuminare il mondo”.

Altri, compreso il poeta e mistico persiano Kabir, raccontano storie istruttive attraverso la poesia usando temi come questo: al mattino per prima cosa non correre al lavoro, ma prendi il tuo strumento musicale e suonalo. Poi metti alla prova il lavoro nello stesso modo. Se in esso non c’è musica, allora mettilo da parte e vai a cercare ciò che ha ancora musica in sé.

In questo modo le antiche storie edificanti aiutavano gli altri a ricordare le fonti della vita più amate. Le storie raccontate dal Buddha spesso contengono il messaggio “Non nuocere a nessuna vita”. I testi del Bhagavad Gita registrano discussioni da campo di battaglia in cui il capo rivela che è l’amore in tutte le cose che ricostruisce il cuore degli uomini e delle donne. Tutti questi narratori trasmettono un incoraggiamento appassionato attraverso la storia.
Nei suoi inni lirici Omero scrive che la madre, Demetra, cercando la figlia perduta  “si strappa i capelli come ali scure” e percorre in volo tutta la superficie della Terra in cerca dell’amata figlia. Non si fermerà finché non troverà di nuovo il suo cuore.

Tutte queste storie servono da esempi sul tipo di orientamento necessario per riscoprire il centro radiante che si trova spesso nella storia eroica.

C’è un concetto vivente di rimedio che ha attratto molti nel corso della vita, persino catturato alcuni di noi quando eravamo solo bambini che un giorno passeggiavano. Questo concetto incarna l’idea che il mondo ha un’anima, e pertanto se è l’anima a volere le storie, allora il mondo ha bisogno di storie, storie di riparazione, forza e discernimento. Se il mondo ha un’anima, allora la storia informa, guarisce e fa crescere spiritualmente le culture e i popoli in quelle culture attraverso il suo deposito universale di idiomi e immagini.

Nell’ebraico antico questo concetto è noto come Tiqqun ‘olam, che significa “riparare l’anima del mondo”. Si tratta di un concetto vivente perché richiede uno sforzo quotidiano e spesso anche orario. È una dedizione ad una giusta condotta, una forma di meditazione vivente, un tipo di pragmatica contemplativa. Io lo interpreto così: Tiqqum ‘olam significa offrire l’attenzione e le risorse individuali per riparare quella parte di mondo che è proprio davanti a sé, precisamente alla propria portata spirituale, psicologica e fisica, secondo la vista dell’anima, non soltanto dell’ego.

A mio parere i metodi ingegnosi del tiqqun ‘olam, lasciati in eredità generazione dopo generazione, sono del tipo più semplice e umile:

la vista spirituale che ha un cuore sufficientemente splendente dietro di sé per vedere sotto la superficie delle cose;
preoccuparsi degli altri oltre che di sé stessi;
dare un significato alla sofferenza;
trovare i limiti della speranza e portarli avanti con un piano;
una volontà di trovare introspezione nella fatica;
un’abilità di resistere e sopportare ciò che di doloroso si vede;
e in qualche modo, di domare il turbinio;
di riprendere anche i fili spezzati e legarli assieme;
di ritessere e riparare ciò che è strappato, di rattoppare ciò che manca;
di cercare di percepire ben al di là della comprensione troppo spesso minuscola dell’ego.

Tutti questi modi di Tiqqun ‘olam sono registrati in maniere diverse nelle storie, nelle storie eroiche sulle cattive strade, le decisioni sbagliate, le notti buie, le partenze spaventose, i fantasmi misteriosi, i terribili agguati, le forze straordinarie, gli atti di misericordia e compassione. Tutte queste azioni per riparare l’anima del mondo costituiscono anche la crescita dell’anima individuale: dalle loro opere li riconoscerete.

Mettendosi in comunicazione con il mondo come anima sempre più individuale, ciascuno scioglie anche il groviglio di se stesso, perché quello che nel mondo è andato storto e può essere emendato, qualche volta è in una condizione di necessità simile nella psiche personale. In molti modi possiamo vedere le prove tangibili del fatto che la vita interiore rafforza quella esteriore, e viceversa. E sono le storie che possono unire questi due mondi preziosi, uno ordinario, l’altro mitico.

(brano tratto da I desideri dell’Anima di Clarissa Pinkola Estés, ed. Frassinelli)


 

 

 



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